Un dio sul pero by Italo Calvino

Un dio sul pero by Italo Calvino

autore:Italo Calvino [Calvino, Italo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-09-13T12:00:00+00:00


«l’Unità», 2 aprile 1949.

Una notte

Finite le case cominciava il vento, la via andava tra zone sgombre e erbose e il muro di cinta dello stabilimento. Giulia si fermò perché non ricordava bene da che parte era l’entrata, tanti anni erano che non ci veniva. Ad arrivarci la notte, poi, tutto le sembrava diverso. Il vento le muoveva i capelli come un fuoco e le gonfiava la gonna. Lei andava tenendo una mano sul capo e l’altra stretta alla gamba. Così arrivò a quel camion fermo di traverso alla strada e qualcuno in cima, un ragazzo, sembrava, disse: «Dove va, lei?». Giulia alzò il viso; le puntavano una luce addosso.

– In fabbrica. Da mio fratello.

– Suo fratello chi? – chiesero là in cima.

– Dalmasso.

– Il vecchio o il giovane?

– Dalmasso Carlo. Il giovane.

– Passi. – Giulia andò.

Al cancello fu la stessa storia. La guardavano da uno spioncino e non volevano aprire: – Non deve entrare nessuno.

– Ma devo parlargli. È urgente.

Qualcuno, là dietro disse:

– Carlo so io dov’è. La accompagno io.

La pesante porta di ferro si mosse. Giulia in mezzo a quegli uomini.

– Di qua, – fece uno magro; Giulia lo seguì.

La fabbrica era silenziosa: sembrava che non ci fosse nessuno; invece ogni tanto si scorgeva un gruppetto di cinque, di sei, in un angolo, che parlavano sottovoce. Sembrava non volessero svegliare le macchine assonnate che alzavano ghirigori d’ombre al chiarore delle vetrate.

Uscirono; c’era un ponticello di ferro sul canale dalle alte rive polverose. Venivano degli uomini in fretta, dai capannoni, alla luce di fiochi lampioni viola. Giulia seguiva il magro rasente i muri di cinta e lui si fermò ai piedi di una gru e disse: – Aspetti, – e andò via. Venne Carlo, era un po’ stupito a vederla, poi abbassò lo sguardo: – Oh! Chi si vede.

– Oh, – lei disse.

– Come mai da queste parti – disse Carlo. Aveva una punta d’ironia nella voce.

Lei aveva tutto un discorso preparato, ma davanti a lui fu presa da un groppo di affanno, si passò una mano sulla fronte: – Oh, Carlo! – disse. Carlo aspettava: – Allora, Giulia?

– Dì, – disse lei in fretta, – dì, cosa farete, Carlo? Io sono in pena per Guido, tu sai che Guido è sempre stato dell’idea che quando veniva il momento piantava lì tutto e veniva con voialtri. Carlo, dimmi: è il momento?

Carlo s’era seduto su un muretto: – Ti manda lui? – disse, – ti manda tuo marito?

– No, è consegnato in caserma, o non so, forse adesso l’avranno mandato di pattuglia in qualche posto. «Basta che non mi facciano sparare sulla gente», diceva sempre. Adesso io ho paura. Carlo, tu lo sai che Guido s’è messo nella polizia perché era disoccupato, per il bambino… Stanotte io a casa, sola col bambino, non ci resistevo… Non voglio che vi spariate tra voi. Dì, devo dirgli che pianti tutto, Carlo? Certo ora lui è là che si dispera, e non sa cosa fare…

Lui la guardò. Si vedevano di rado, con sua sorella. Era un po’ sciupata e aveva perso il piglio altero d’un tempo.



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